Il cece di Navelli si caratterizza per la piccola dimensione, il color crema e la superficie liscia del legume. Tuttavia, ne esiste anche una seconda tipologia, più piccola, di colore rosso ruggine e pelle grinzosa, destinata in passato all’alimentazione degli animali o al consumo domestico. La sua coltivazione avviene prevalentemente negli altopiani e vallate interne della provincia dell’Aquila, in terreni aridi e pietrosi, privi di ristagni d’acqua, posti a 700-800 metri di quota. La semina si svolge in primavera e la raccolta tra fine luglio e agosto: le piante secche vengono divelte e raggruppate in fascine – i “mannelli” – lasciate essiccare sul campo e poi sgranate a mano. Il cece di Navelli è coltivato dagli agricoltori locali, riunitisi in un’associazione che ha definito un disciplinare di produzione per garantire la sostenibilità naturale di questo legume, tra cui la rotazione delle colture, ogni 3 o 6 anni, con piante da foraggio. Fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) ed è diventato Presidio Slow Food – anche grazie al sostegno del Gal Gran Sasso Velino – con l’obiettivo di valorizzare il legume sul mercato oltre a recuperarne la tradizione gastronomica nella ristorazione locale. Curiosità: il cece rosso di Navelli è presente sul fondo del Trigramma bernardiniano IHS, al centro del soffitto della Basilica di San Bernardino all’Aquila, dove il legume era stato affogato nel gesso del tavolato ligneo e poi dorato, così da rendere scabra la superficie della base per far risaltare ancora più chiaramente il simbolo sacro.
Gastronomia