La lenticchia di Santo Stefano di Sessanio è un legume di pochi millimetri di diametro, di forma globosa e colore scuro, dal marrone al violaceo. Cresce oltre i mille metri di altitudine sulle pendici del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga: qui lungo il versante meridionale aquilano del monte – nei territori dei Comuni di Barisciano, Calascio, Castel del Monte, Castelvecchio Calvisio e Santo Stefano di Sessanio – la pianta ha trovato l’habitat ideale, fatto di inverni lunghi e rigidi e primavere fresche. Per le dimensioni e la caratteristica permeabilità questa specie di lenticchia non richiede ammollo preliminare, ma cuoce rapidamente senza sfaldarsi. Si tratta di una tipologia specifica, selezionatasi in queste zone in antichità, come attestato in alcuni documenti del 998 riferiti al Monastero di San Vincenzo al Volturno – che a quei tempi possedeva ampi territori nella zona aquilana – in cui si citano esplicitamente legumi locali. Seminate verso fine marzo, la raccolta avviene tra fine luglio e fine agosto: le lenticchie maturano in modo scalare in tempi diversi, secondo l’altitudine del campo. La falciatura avviene quasi sempre manualmente sia per la natura impervia del territorio sia perché questo legume si sviluppa molto vicino al suolo e l’impiego di mezzi meccanici porterebbe alla perdita di oltre il 30% del raccolto. L’importanza della coltura si è protratta fino ai giorni nostri e nel 2008 i produttori hanno dato vita ad un’associazione per la tutela e la valorizzazione della lenticchia, la cui coltivazione è regolata da un preciso e rigido disciplinare tecnico; fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) ed è supportata dal riconoscimento del Presidio Slow Food.
Gastronomia