La Pastinaca di Capitignano è un ortaggio poco conosciuto seppure utilizzato sin da tempi molto antichi. È probabile sia stata introdotta nell’aquilano dagli antichi Romani e compare tradizionalmente tra le “sette pietanze” che accompagnavano il cenone della Vigilia di Natale, ripassata in padella con aglio, olio e peperoncino. Simboleggia la corrispondenza con le radici cristiane e grazie alla tradizione è stato possibile preservarne i semi. È prodotta nell’Alta Valle dell’Aterno principalmente nel territorio del Comune di Capitignano, posto a 900 metri di altitudine, il cui territorio ricade nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e della Riserva naturale del Lago di Campotosto. La pastinaca locale è un ortaggio di assoluta eccellenza per le sue caratteristiche nutritive e organolettiche: la parte commestibile è la radice, o fittone, lunga oltre 25 cm e ramificata, di colore bianco crema, consistenza carnosa e dal sapore acidulo da crudo, dolciastro in cottura. Si può mangiare cruda, tagliata alla julienne, o cotta, al forno, saltata in padella, bollita, al vapore o fritta. È un prodotto De.Co., Denominazione Comunale – certificazione del settore agroalimentare che lega un prodotto ad un particolare territorio – e la sua produzione è definita da un preciso disciplinare che ne regola la coltivazione. Si semina in primavera, quando il rischio di gelate è ridotto, in terreni ben drenati e poco sassosi; la raccolta avviene a mano durante l’inverno. Dal 2023 la Pastinaca di Capitignano è Presidio Slow Food, con il sostegno del GAL Gran Sasso Velino, divenendo così l’undicesimo Presidio del territorio aquilano.
Gastronomia